Parole, parole, parole…

L’AI è deciamente tema caldo, caldissimo.

Così io stesso, dopo anni, ho ripreso in mano questo argomento con nuovo entusiasmo, nuovi stimoli e, per tutta una serie di motivi, paure.

Così compro libri, ascolto talk, cerco di capire i nuovi sviluppi ma anche ciò che si diceva qualche decennio fa e che ora mi trovo davanti agli occhi.

Oggi parto da lontanissimo da Protagora (V secolo) e da:
“L’uomo è misura di tutte le cose.
Delle cose in quanto sono.
Delle cose che non sono.
In quanto non sono.”
perchè, quando parliamo di AI, sembra che ci siano parole e quindi concetti che vogliamo tenere riservati per noi uomini, come se ci ritenessimo ancora quelle creature superiori che la nostre cultura ci ha raccontato che siamo.

Solo noi uomini pensiamo, comprendiamo, ragioniamo, creaiamo, facciamo cose intelligenti: solo noi uomini siamo coscienti, abbiamo un cultura, un’anima ecc.
Ma è così? O è un nostro limite? Il limite ciò del fatto che ragioniamo solo e soltanto da “uomini”?
E se è vero che ora siamo la specie dominante, abbiamo capacità meravigliose, non basta forse aprire un libro di storia, leggere le news, raccoglere l’immondizia lungo l’argine di un fiume per farci venire qualche dubbio sulla nostra intelligenza?
Sulla terra una specie vive mediamente un milione di anni. Qualcuno pensa che vivremo per altri ottocentomila anni?

Mi piace una scienza che studia le capacità intellettive dei nostri compagni di vita, gli altri animali ma anche le piante che condividono con noi questo mondo e sono curioso e affascinato da questi oggetti che abbiamo chiamato computer, che non sono vivi, ma che, come noi, sono macchine in grado di fare, creare, risolvere problemi, con l’aggravante che molte di queste cose le fanno meglio, presto molto meglio, di noi.

Se l’uomo non potrà che continuare a essere “misura di tutte le cose” oggi avrà un compagno di viaggio nel quale potrà specchiarsi e, credo, scoprirsi diverso da ciò che pensava di essere.

Se questo è un bene o un male non lo so.