Se scrivere è anche ricordare e ricordare è anche testimoniare chi, come me, è nato negli anni ’70 è testimone di un’epoca.
Perchè è testimone di un mondo nel quale la vita degli esseri umani non era affiancata da tecnologie digitali, di un mondo nel quale ci si orientava leggendo mappe, si scriveva con carta e penna, si incontravano gli amici al campetto senza gruppi su whatsapp e ci si sentiva importanti, o poco importanti, senza avere un numero esatto di “follower”, ecc. ecc.
No, non sono nostalgico, ma il mondo è cambiato per davvero e chiederci come il digitale modifica le nostre vite, per quanto lo faccia in modo gentile, leggero e servizievole è oggi estremamente importante perchè si tratta di una trasformazione inevitabile, probabilmente totale, subdola e irreversibile.
Le solite chiacchiere da apocalittico di inizio millenio?
Mi spingo ancora un po’ più in là, perchè digitale non vuol solo dire sapere dove siamo, cosa cerchiamo, cosa postiamo, ecc.; digitale è anche quel processo che cerca di tradurre in numeri, gesti, azioni, desideri, amicizie, emozioni, pensieri, volontà e si, lo dico, il nostro essere, la nostra coscienza. E ci sta riuscendo.
Il digitale, già oggi, ci costringe a rileggere l’uomo nei suoi aspetti più profondi a chiederci chi siamo, cosa vuol dire pensare, creare, essere liberi e consapevoli. Oggi, al nostro fianco, e nella nostra tasca, abbiamo un nuovo compagno di viaggio che spesso è già, e comunque sarà, più intelligente di noi. Questa specie non umana, anche se non ha ancora le sembianze della ragazza di Ex Machina, è parte della nostra quotidianità, ci aiuta nel prendere decisioni e, più di quanto pensiamo, influenza le nostre decisioni.
E allora credo sia giusto chiedersi se questo “digital” sarà solo una lineare “transizione” o se sarà invece più un’interruzione, una rottura, qualcosa di più “disruption” insomma.
In molti pensano sarà la più grande sfida del prossimo periodo e io sono uno di loro: e questo spazio online nasce per raccontarvi perchè.